Vorrei raccontarvi un episodio che mi è successo qualche tempo fa, sicuro di non incorrere nelle ire dei protagonisti, perché non sono persone che leggono simili racconti.
Ho un amico che frequento da quando eravamo poco più che ragazzini, in tanti anni la nostra amicizia si è consolidata, io gli ho fatto conoscere l’attuale moglie, una ragazza orfana, cresciuta in un collegio di suore, e probabilmente destinata a diventarlo se non l’avessi conosciuta e li avessi fatti incontrare.
Dopo parecchi anni dal suo matrimonio, una sera uscendo per la solita birra fra vecchi amici, mi racconta quasi fra le lacrime che, con sua moglie, è sempre un problema fare “certe cose”. Deve esserci sempre un motivo per festeggiare qualcosa, e poi il fatto avviene velocemente senza preamboli e nella solita maniera canonica, e che persino per lui era una cosa noiosa. Privi di fantasia, pensai io.
In ogni modo io, più che consigliarlo di “creare” situazioni particolari con cibi e abiti, e di parlarne con la moglie non potevo fare e la serata si concluse.
Dopo qualche mese venne da me raggiante e volle spiegarmene il motivo.
Era andato all’insaputa di sua moglie da uno di quegli ipnotizzatori che fanno liberare parti di tè sepolte nel proprio io. Questo tipo gli assicurò di tornare con la moglie perché lui avrebbe risolto il suo problema dietro un piccolo compenso.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie, era arrivato a quel punto.
Mi raccontò che aveva convinto la moglie facendole credere che era un pranoterapeuta consultato per guarire i suoi frequenti mal di testa.
Lui ipnotizzandola assicurò che ad una frase detta dal marito lei avrebbe scatenato le voglie più lussuriose nascoste dentro di lei, tutto ciò che l’avrebbe fatta inorridire al solo pensiero sarebbe diventato più che naturale, e al termine avrebbe ricordato solo il grande amore provato per il marito.
Gli chiesi se secondo lui era una cosa sensata, visto che all’insaputa della moglie faceva in ogni caso una cosa contro la sua volontà, mi rispose che in ogni caso ne valeva la pena.
Non riuscivo a crederci e lui insisteva che era vero, ma io non gli avrei creduto neanche se lo avessi visto.
In ogni modo con tutto questo discutere non so come avvenne, mi disse anche la frase capace di far diventare così priva d’inibizioni la moglie, era: “Senza che tu ti accorgi, prima che ti accorgi sarai mia”, una frase priva di senso appunto ma per tale motivo pronunciabile solo in quell’occasione.
Non riuscivo a credergli, e tuttora scrivendolo, e dopo l’accaduto mi sembra assurdo.
Capitò qualche mese dopo, che mi chiese di andare a casa sua per un problema all’impianto elettrico faccio il tecnico per una nota ditta di telefonia e mi diletto di lavoretti extra a casa d’amici. Mi recai a casa sua un sabato sera com’eravamo d’accordo di trovarci, ma quando arrivai lui non c’era.
Croce, era il nome della moglie, le fu dato dalle suore quando la trovarono, mi assicurò che il marito non aveva fatto in tempo ad avvisarmi, sua madre era stata ricoverata improvvisamente, se volevo, sarei potuto tornare in un altro momento.
Dopo un attimo d’incertezza pensai che almeno il lavoro potevo svolgerlo, e cosi le dissi.
Restò un po’ interdetta, forse le sembrava sconveniente restare sola con l’amico del marito.
Croce, a parte il nome e i suoi problemi di mentalità è una bella trentanovenne mora e di carnagione scura, con un seno prosperoso e sodo, e delle gambe lunghe e ben tornite, occhi scuri e un sorriso splendido. Mi fece tornare alla mente il giorno in cui c’incontrammo, nel convento di suore, dove mi recai, per un lavoro e poi, dopo un breve incontro, la presentai al mio amico perché per me era troppo inibita.
Ora non accusatemi di essere un amico perfido e maligno, io, il tentativo che feci, fu solo per il grande scetticismo che provavo per il racconto fattomi dal mio amico, provai, sicuro che non sarebbe successo niente tranne che sentirmi ridere dietro per le frasi prive di senso che dicevo.
Nel momento in cui lei mi chiese se ci sarebbe voluto molto io le risposi:
“Senza che tu ti accorgi, prima che ti accorgi sarai mia”, mi venne fuori così di getto.
Lei non disse nulla e apparentemente sembrò non capire. Mi venne vicino e mi mise una mano dietro la nuca, una gamba dietro la schiena, e cosi, avvinghiata m’infilò una lingua carnosa e guizzante in bocca. Era un bacio incredibile, fu capace di farmi “irrigidire nei pantaloni” come non mi era mai sembrato di fare.
Si muoveva con il bacino a sfregarsi con il suo inguine contro il mio e ansimava come una gatta in calore.
Sentendo la mia erezione si stacco compiaciuta e mi guardo con lascivia, non riuscivo a riconoscerla, il suo sguardo era cambiato, il sorriso era quasi un ghigno, mi sentivo un topo a giocare con una gatta pericolosa.
Prese la mia mano sinistra e la portò al seno per farmi saggiare la sua eccitazione, i capezzoli erano gonfi e turgidi, attraverso la camicetta di seta. Ne strinsi uno fra le dita, quasi sadicamente, fece una smorfia strizzando le labbra fra i denti. Il suo viso in quella smorfia era gia così indicibilmente piacevole.
Mi sbottonò i pantaloni, si chinò e si mise la punta del mio pene fra le labbra carnose, mentre con le mani accarezzava i testicoli e abbracciava le mie cosce, infilava il membro fino quasi alla base, ritornava alla cappella e guizzava con la lingua sul prepuzio, per poi rinfilarsi tutto in gola, con calma, senza fretta quasi volesse farmi durare il più a lungo possibile. Mi prese le mani e se le mise dietro la nuca mentre continuava imperterrita. Era un piacere che mi si prolungava come in un sogno, con estrema gentilezza giocava con il mio sesso, non avrei voluto mai sentirne la fine.
Sentivo di esplodere, il piacere si espandeva al di fuori del mio corpo come una nuvola, le accarezzavo la nuca e le orecchie, i suoi capelli, raccolti in una coda con un nastro della stessa seta della camicia seguivano il ritmo dei nostri movimenti. Più di una volta, sentendo che arrivavo sul punto cruciale, si fermava e soffiava lievemente sulla punta del sesso, intanto pigiava con le dita sotto i testicoli e stringeva forte il membro alla base.
Era di una bravura incredibile, sembrava fosse nata con l’istinto di compiacere in quel modo l’uomo che amava.
Con quella “tortura” non potevo resistere a lungo e tenendole la testa premuta le venni in gola, credetti di poterla annegare, le inondai la bocca di liquido, che ingoiò immediatamente come fosse il migliore dei nettari, continuò poi a leccarmi la cappella per farlo restare turgido.
Si rialzò, si ripulì le labbra con il polso, mi afferrò una mano, e se l’infilò sotto la gonna.
Con voce roca mi disse: “Senti come sono bagnata?”.
Era vero i suoi umori le colavano lungo le cosce come brina su steli di fiore; tutte le sue splendide gambe sembravano pregne d’eccitazione. Gli slip n’é erano imbevuti. Le passavo la mano all’interno di quelle colonne lisce e morbide sentendo la pressione del mio sangue battermi sulle tempie come un martello, la sua eccitazione le faceva fremere le gambe.
Sono stato spesso con donne molto belle e frizzanti, ma lei sembrava un angelo del piacere, ed altre al confronto sparivano nella memoria. Era capace di dare il piacere e allo stesso tempo prenderlo dalle reazioni delle sue azioni.
Mi chinai e fu il mio turno di farle provare piacere. Le sfilai gli slip e mentre le infilavo la lingua in quel cespuglio profumato d’umori, mi afferrò la testa fra le mani, come avevo fatto io precedentemente con la sua, non ricordavo quando, avevo perso la cognizione del tempo, la mia testa era un turbinare di sensazioni, profumi, suoni, piaceri.
Premeva il mio capo sul suo pube con forza fino quasi a farmi soffocare, era appoggiata alla parete, con una gamba alzata sulla mia spalla e la testa infilata fra le cosce, muoveva il bacino ansimando e dicendomi frasi sconce che non avrei mai pensato di sentire dire da Croce.
Scorrevo la lingua all’interno delle grandi labbra, poi, alzando la testa, con il naso andavo a sfregare il clitoride, glielo stuzzicavo con la punta della lingua per poi risucchiarlo fra le labbra. Intanto infilavo due dita da sotto, nella fessura umida, le aprivo a forbice e le ruotavo per sfiorare più superficie possibile e aumentarle il piacere. Gustavo i suoi versi, i movimenti, gli scatti quando toccavo un punto più che un altro, ero io, ora, a portarla al piacere.
Sembrava impazzire, ululava come una lupa nelle notti di luna piena.
Al colmo dell’eccitazione mi allontanò la testa con rabbia dal suo pube dicendomi a denti stretti: “Voglio sentirlo dentro”.
Si giro appoggiando le braccia sulla parete, e a gambe oscenamente aperte, sporse il sedere all’indietro per favorirmi la penetrazione. Volevo godermi quella visione, il suo sesso umido che sembrava invitarmi, era veramente piacevole. Alzandomi dalla mia posizione, strofinavo il membro duro all’interno delle cosce e poi glielo infilai, nel caldo nido peloso, con estrema lentezza, per non perdermi il gusto di quella fessura stretta e umida, arrivato al fondo cominciai un movimento inizialmente lento per poi progressivamente aumentarlo.
Con le mani appoggiate sulle sue spalle la tiravo verso di me e con il mio bacino spingevo forte verso il suo, lei batteva con forza le mani sulla parete e scuoteva la testa incitandomi a farlo con più forza, sembrava non le bastasse mai, muoveva i fianchi in un movimento rotatorio con il mio uccello come perno.
Le afferrai la coda di capelli alla base del nastro che li teneva, girandola verso di me per baciare la sua bocca carnosa, mentre continuavo il mio ritmo costantemente.
Quel bacio esprimeva il piacere osceno del sesso, nel momento culminante. Vicini all’orgasmo i nostri sensi, come i corpi s’intrecciavano all’unisono. La mia lingua turbinava nella sua bocca alla ricerca d’altro piacere, sembrava non bastare mai. I gemiti dalla sua gola raggiungevano la mia in una cacofonia di suoni.
Le spinsi via la testa e abbassai la mano lungo la sua schiena vellutata che formava una conca in quella posizione e raggiunte le natiche, gliele strinsi con forza, poi, le infilai il pollice con violenza nello sfintere, sembro apprezzare la cosa rispondendo con gemiti e frasi sconce. “Siiii! Cosiiii Luca! Continua, ti prego, spaccami tutta! Voglio che il mio Luca mi apra in due!
Non me lo feci ripetere, però preferivo partecipare a quel piacere, sfilai il membro dalla vagina e lo infilai nella fessura fra le natiche, senza lubrificarlo, era già fradicio dei suoi umori.
Aveva un buchetto stretto e caldo, che non sembrava desiderare altro, con un lungo gemito continuò a muovere il bacino e battere le mani sulla parete.
La sbattevo con forza, stringendole e allargandole i glutei alternativamente, con i movimenti del mio bacino. Le venni dentro in un fiotto caldo, e mi fermai per un attimo in quella posizione, mentre le stringevo i seni sodi e i capezzoli duri. Lei abbassò le braccia lungo la parete, e restò con la guancia destra appoggiata al muro mentre mi guardava con lascivia mi disse: “Ti sono piaciuta?” Intanto muoveva ancora il bacino con il mio uccello che andava riducendosi nel suo buchetto.
“Non mi sei ancora venuto nella fica. Non vorrai lasciarla con la voglia, vero?”
Sfilatasi il mio sesso da dietro si girò verso di me, e mettendomi le braccia al collo, chiese se volevo continuare in camera. Sembrava una ragazzina impertinente, con quel sorriso furbetto, come avrei potuto dirle di no.
Mi afferrò per mano e mi accompagnò in camera dove si distese a gambe aperte e mi chiese di ricominciare.
” Veramente bisognerebbe che “lui” non fosse così stanco, non trovi?”
Sorrise e mi disse di metterglielo fra i seni perché avrebbe provveduto lei a risvegliarlo.
Cosi feci, mi misi a cavallo della sua pancia e appoggiai il membro in mezzo a quei seni gonfi.
Lo stringeva schiacciandolo fra i seni mentre si sfregava i capezzoli con la punta delle dita, e leccava la cappella quando faceva capolino verso il suo viso. Io, leggermente voltato all’indietro con la mano le sfregavo il clitoride per tenerla “calda” e muovevo i fianchi avanti e indietro.
Ruotava la schiena e puntando le gambe mi sollevava come una puledra cerca di disarcionare il cavaliere, ma più per avvicinare il suo pube alla mia mano, voleva risucchiarla dentro di lei.
Quei giochetti non ci misero molto a svegliare il soggetto in questione, e con un grido di soddisfazione mi fece sollevare, e: “Ora devi accontentare la mia passera, ha aspettato anche troppo!”.
Mi misi a cavalcioni della sua gamba destra, le alzai la sinistra sopra la mia spalla e infilai l’uccello nella fessura, così completamente aperta.
Tenendo la sua gamba in alto con il braccio destro, la mia mano sinistra andava a sfregare il clitoride infiammato. Le baciavo il polpaccio facendomi sfuggire qualche piccolo morso appena accennato. La penetravo con velocità sempre crescente, volevo che godesse per trarre piacere dal suo piacere.
Girava la testa a destra e sinistra e con furia la sbatteva sul cuscino.
“Dai…..! Cosi……! Luca….! Non fermarti, sono la tua porca. Voglio che mi scopi per tutta la notte fino a sfinirmi”.
Non Avrei mai detto che Croce potesse pronunciare quelle frasi, e pensare che non avevo voluto insistere con lei, quando le facevo la corte, perché non potevo neanche guardarla negli occhi senza che arrossisse.
Il letto sembrava dovesse spaccarsi in due dai nostri movimenti, aveva la capacità di roteare i fianchi come un’odalisca, non avevo bisogno di muovermi troppo per farla godere, faceva tutto da sola. Venimmo insieme, all’unisono come un’orchestra al culmine dell’opera, fu una sensazione meravigliosa, al di fuori delle più sfrenate fantasie, emise un lungo urlo che si trasformo in un gemito, poi cominciò a versare grossi lacrimoni. Si fermò e disse: “Ti amo Luca, ti amo da impazzire”.
Luca, non ve l’ho detto, é suo marito.
Mi alzai e mi rivestii e andai a finire il lavoro per il quale ero venuto.
Dopo qualche minuto venne da me rivestita, e pettinata e come se non fosse successo nulla e mi avesse lasciato per sbrigare delle faccende domestiche, mi chiese se mancava molto. No, dissi, ho finito, salutami Luca e porgigli gli auguri per sua madre mi farò sentire per sapere come sta.
Grazie, disse lei mi dispiace di non essere stata di gran compagnia. Figurati, le dissi io.
Ho avuto spesso la tentazione di ritornare, di ritrovare quel piacere che non ho mai più riavuto, il sogno d’amore e sesso che capita solo con chi si ama, ma a quel punto sarebbe stato davvero meschino, nei confronti di Luca ora che so che funziona.