n uno di questi caldissimi pomeriggi d’estate, durante una passeggiata in città per ammazzare il tempo incontro per strada una mia ex prof di inglese, Luciana, che avevo avuto nei primi anni della scuola superiore che ho frequentato. Non é una donna particolarmente attraente o quello che si definisce un femminone, ma ai miei occhi appartiene alla categoria di quelle che hanno un “non so che” di estremamente eccitante ed intrigante. Andava ormai verso la quarantina, la solita chioma riccia color biondo cenere e lo stesso fisico asciutto (o magrolino, a seconda dei punti di vista) che ricordavo dai tempi della scuola.
Ora studio all’università, e di tempo ne é passato parecchio, ma lei era una delle (poche) persone all’interno dell’istituto con la quale ero rimasto in buoni rapporti. Perciò dopo i saluti di rito e i classici convenevoli che si addicono a due persone che si incontrano dopo diverso tempo, data la noia ed il caldo chiedo alla “Prof” (non smisi mai di chiamarla così) se per caso non voglia fare quattro chiacchiere all’ombra e davanti a una bibita fresca.
Lei accetta di buon grado. Non era la prima volta che prendevamo da bere insieme: quando ero suo alunno sono stato anche invitato a casa sua a prendere un thè, in pieno stile inglese. La nostra intesa “intellettuale” non si era arrugginita neppure dopo tutti questi anni, parliamo a ruota libera di tutto, senza imbarazzi di sorta, tanto che a un certo punto, ricordando le sue singolari misè succinte (che consistevano in minigonne striminzite e calze, calzettoni di ogni genere e sorta), le dico che le sue gambe mi sono sempre piaciute.
Con un sorriso beffardo fa cenno che si ricorda di come ero solito guardarle le gambe, che effettivamente erano e sono tutt’ora due gran begli “stecchini”. Il tempo passa, Luciana deve ritornare a casa ed io mi offro di accompagnarla, non avendo del resto alcuna fretta di ritornare a casa. In memoria dei bei vecchi tempi, mi invita a salire e ad accomodarmi.
Ed é a questo punto che accade ciò che non mi sarei mai nemmeno sognato potesse accadere.
Arrivata in soggiorno, la Prof davanti ai miei occhi si esibisce in un piccolo strip, togliendosi però esclusivamente i pantaloni e rimanendo con la camicetta bianca leggermente sbottonata, l’intimo ed un paio di collant azzurro chiaro, quasi bianco, col risvolto appena sopra il ginocchio.
Fatto ciò, si siede in tutta tranquillità sul divano.
Di fronte a quella vista io mi eccito subito, e le afferro una gamba con le mani all’altezza del polpaccio, stringendola.
Sono molto eccitato, le stringo la gamba con forza sempre maggiore finché noto che sta tremando leggermente nelle mie mani. Le chiedo se non le stia facendo del male, lei annuisce ma immediatamente dice che non le importa, perché dopo tanto tempo é contenta di vedersi osservata in quel modo da un ragazzo giovane, e mi dice di fare ciò che voglio con le sue gambe, l’oggetto del mio desiderio. A quel punto mi spoglio completamente, sbottono ancora un po’ la sua camicetta in modo da intravedere i suoi piccoli seni, e tenendole la gamba destra leggermente piegata con una mano dietro il ginocchio , monto sulla sua gamba, sotto il ginocchio, e comincio a cavalcarla muovendomi avanti e indietro sulla gamba lungo lo stinco. Sento perfettamente la sua gamba e il suo piedino tra le mie cosce, passare sotto il mio cazzo strofinandosi su di esso dalla punta fino alle palle, facendomi godere tantissimo! Sto letteralmente facendo sesso con quella gamba meravigliosa, fisicamente perfetta e fasciata in un eccitante collant!
Godo tantissimo e lei è molto soddisfatta di questo.
Ansimando per il piacere, continuo a cavalcare la gamba della Prof sempre più intensamente, spingendo sempre di più, finchè al culmine del piacere vengo travolto da un potente orgasmo: sborro copiosamente sulla sua gamba, sul collant, sulla coscia nuda…alcuni schizzi le raggiungono persino il viso e le imbrattano la camicetta.
Luciana perde un po’ il suo aplomb inglese cercando di pulirsi con le mani dalla sborra calda che le ha raggiunto il viso. Io intanto ho ancora la sua gamba in mano e, contrariamente a quanto mi aspettassi, sono ancora molto eccitato. Per cui mollo la sua gamba destra e, afferrata l’altra gamba per la caviglia, inizio a farmi masturbare dal suo piedino . La Prof mi guarda come per dire che ne ha abbastanza, che non vuole andare oltre.
“Mi ha detto che potevo fare qualsiasi cosa con le sue gambe” la anticipo prima che possa dire qualsiasi cosa. Al che, con un espressione quasi rassegnata capisce la situazione e inizia da sola a strofinare il suo dolce piedino fasciato dal collant sul mio cazzo, mentre io continuo ad accarezzarle la gamba. Mi masturba con la pianta del piede, mi massaggia delicatamente le palle, e con il suo piedino prensile mi afferra la cappella tra le dita come una vera professionista. Dopo una decina di minuti di quel trattamento sento di aver raggiunto il limite, così le dico di sedersi a gambe unite e inizio a segarmi: mi chino un po’ e appoggio una mano sullo schienale del divano. Dopo pochi colpi ho il mio secondo orgasmo, se possibile ancora più impetuoso del primo: sborro sulle sue cosce nude, sulle sue mutandine, sull’orlo della camicetta…ma nel bel mezzo dell’orgasmo, a sorpresa decido di finire sul suo viso. La Prof é sorpresa e cerca invano e tardi di schermirsi con le mani, mentre numerosi schizzi le raggiungono il volto e le colano sulla camicetta e sul seno.
La Prof stavolta non può nemmeno cercare di ripulirsi perché non solo la sua camicetta ma anche le sue mani sono state imbrattate nell tentativo vano di ripararsi. Così rimane immobile, come pietrificata, completamente zuppa del mio sperma dalla testa ai piedi. Dopo pochi secondi, fa colare un po’ di sborra che le era finita in bocca e si lascia scappare un “Wow…”
Io sorrido, mi rivesto e la accompagno a fare una doccia…