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BDSMEtero

Usami!

– Spingi! Spingi più a fondo … dai!
Claudia mi guardava con le pupille dilatate dall’eccitazione.

– Ma, a questo punto del gioco, non dovresti essere passiva, arrendevole, completamente in mia balia e, soprattutto, muta? – tentai una protesta.
– Sì… forse, ma spingi di più!

La vedevo respirare senza regola apparente, i polmoni gonfiavano e rilassavano il seno in modo irregolare mentre i capelli nascondevano in parte il viso. I miei occhi erano, però, attratti dal suo pube spalancato davanti a me. Invitante e lucida d’umori la vulva richiedeva le mie attenzioni: con una mossa decisa, quasi violenta, la soddisfai.

– Sì! Così, ancora di più…

Le parole le morirono in gola trasformandosi in un rantolo di piacere.

– Adess….

Non le lasciai terminare la frase, con una mossa fulminea abbandonai il simulacro fallico, di generose dimensioni, che le stavo spingendo nel ventre e le tappai, con la mano aperta, la bocca. Attesi paziente la fine dei suoi mugolii di protesta. Finalmente il silenzio ci avvolse. Riuscii in quel momento, con la dovuta calma, ad ammirare la scena che mi si presentava davanti. Avevo impiegato almeno venti minuti di minuzioso lavoro per legare la mia donna in quel modo e le sue continue parole rischiavano di rovinare l’atmosfera che lei stessa mi aveva pregato di creare.

La giornata lavorativa era terminata prima del previsto per lei ed era rientrata a casa ad un’ora insolita. Probabilmente questa piccola gratificazione inattesa, unita all’imminenza di un fine settimana di tutto riposo che avevamo deciso di dedicare a noi due, l’avevano spinta a riempire la vasca d’acqua caldissima e concedersi un lungo bagno al posto della solita doccia. Lei ama crogiolarsi nell’acqua e lasciarsi accarezzare sensualmente dal calore del liquido che la circonda. Sostiene che la doccia, per quanto comoda e pratica, sia la morte di tutti i sensi allo stesso modo della fretta nei rapporti sessuali. Ora che inizio a conoscerla meglio so che ogni bagno annuncia una serata all’insegna della ricerca del piacere, più E’ lungo questo bagno più trasgressiva e gradevole sarà la serata. Prima o poi dovrò decidermi a ricavare l’equazione che lega la durata delle sue abluzioni con il desiderio di trasgressione, i profumi che miscela all’acqua con i giochi partoriti dalla sua mente in perenne fase creativa.
Quella sera Claudia pareva non essere intenzionata a giochi particolari, la settimana era stata veramente dura, tanto che me la immaginavo in cerca di tenere coccole sul divano davanti alla tv prima di stenderci per un lungo sonno. Infatti, terminato di riassettare la cucina, mi spinse verso la sala per accoccolarsi vicino a me sul divano. Dopo pochi minuti pareva assopita e l’abbracciai teneramente per riscaldarla tra le mie braccia.
Claudia mugolò soddisfatta, si sistemò per spingersi ancora più contro di me, poi attese qualche minuto prima di parlare.

– Mi piacciono le tue braccia! – disse – Mi fai sentire al calduccio in un luogo sicuro, protetta da qualunque cosa cattiva mi stia intorno.

Io tacqui, con il tempo avevo imparato che non E’ bene interrompere la propria compagna quelle rare volte che tesse lodi in mio onore. Gongolante per le sue parole continuai ad ascoltare.

– Quando mi stringi così mi sento tua! – continuò lei – Mi piace questa sensazione d’appartenenza, mi da sicurezza e forza. Lo so che E’ una cosa irrazionale, ma in questi momenti sento il bisogno di sentirmi sempre di più in tua totale balia per provare la stupenda sensazione di appartenerti, di essere unicamente e totalmente tua. Più mi sento tua più mi sento protetta da te e nulla riesce a farmi più paura!

Non seguivo con la dovuta attenzione filo logico dei suoi ragionamenti, mi limitavo ad annuire distratto dalla televisione, tanto che mi persi il percorso che univa le frasi iniziali alla sua richiesta di essere legata ed usata nel modo che avrei preferito. Fu proprio il termine “usata” pronunciato da lei che risvegliò la mia attenzione. Sul momento non credevo alle mie orecchie; Claudia che chiedeva di essere usata?
Non era possibile!
Non era lei a parlare. In questi anni, nonostante tutti i giochi perversi che avevamo realizzato tra di noi e con altri, nessuno aveva mai usato Claudia. Semmai era vero il contrario: era lei ad usare gli altri per conseguire il suo piacere. Confesso che in parecchie occasioni mi sono sentito usato da lei senza alcun riguardo per l’affetto che ci univa. La sua volontà, la sua spasmodica ricerca del piacere e la ferma determinazione nel raggiungere sempre più alte vette d’eccitazione, riuscivano a far passare in secondo piano l’identità di chi stava con lei in quel momento. Ora, invece, mi chiedeva esplicitamente d’essere usata!
Paranoici si nasce ma con il tempo si peggiora. Stavo domandandomi quale fosse il suo reale obiettivo. Lei non arrivava mai ad esporre direttamente i suoi piani, i suoi desideri, lasciava sempre intendere che fossero gli altri a guidarla mentre era lei creare una sequenza di situazioni che, immancabilmente, portavano i suoi partner a soddisfare ogni suo capriccio. Ora mi chiedevo dove stava il trucco. Che cosa aveva in mente?
Spostai gli occhi in cerca dei suoi, appena incrociammo gli sguardi vidi un lampo di malizia nel suo, subito spento. Quel lampo era molto più illuminante di mille parole. L’intelligenza che traspariva dal sua espressione era in grado di spaventare molti uomini; per questo, sapendolo, Claudia aveva imparato a controllarsi. Solo conoscendola bene si poteva cogliere l’attività che stava dietro a quei bellissimi occhi. Ogni volta che usava questo stratagemma con me mi offendevo, spesso l’avevo pregata di non nascondersi proprio a me, ma quando iniziava un nuovo gioco tra di noi lei dimenticava le regole della vita in comune e si trasformava nella donna che voleva essere in quel momento.
La strinsi più forte prima di scivolare con le mani sotto il suo vestito in cerca della pelle e lei s’abbandonò a quest’abbraccio come sempre. Nulla, se non una certa rigidità, faceva supporre che aspettasse altro da me. Benché il suo corpo rispondesse come al solito, la mente era distante, completamente presa dal suo sogno erotico. Toccava a me intendere e realizzare i suoi desideri, Claudia non E’ una donna che accetta facilmente le delusioni dei sensi.
La strinsi sempre più forte sino a strapparle un gemito di dolore, quindi violai il limite imposto dalla corta gonna per cercare il pube. Volevo stuzzicarla e godere allo stesso tempo del piacevole contatto della sua morbidissima peluria sul palmo della mano, oltre che costatare lo stato d’eccitazione. Incontrai, però, una superficie liscia, calda e morbida, e leggermente umida; si era depilata completamente quella mattina. In genere quest’operazione l’eseguiva in piena estate, quando i ridotti costumi che indossava al mare richiedevano un pube ben curato, il fatto che l’avesse già attuata era chiaro segno della sua ricerca di novità. Indugiai a lungo su quella pelle morbida e così liscia da solleticarmi le dita, poi lentamente iniziai a divaricarle le labbra. Claudia rispose alle mie carezze allargando le gambe sin dove la posizione e gli indumenti lo consentivano, nello stesso momento si abbandonò chiudendo gli occhi mentre appoggiava la testa sul mio petto. Cercai, a quel punto, i suoi punti esogeni stimolandola come sapevo piacerle: passavo dal clitoride al buchino spingendo piano sull’ingresso senza però penetrarla. Mi nutrivo del suo respiro che lentamente diventava sempre più veloce e ritmato, poi le chiesi:

– Così… vuoi essere usata?
– Sì! – fu la sua secca risposta
– Considerata la posizione, il modo migliore per usarti ora sarebbe quello di chiederti di prendermelo in bocca e riempirti la gola… senza preoccuparmi del tuo piacere! – le sussurrai.
– Se vuoi lo faccio! Sono tua, chiedimi … – Non le lasciai terminare la frase.

Mentre l’ascoltavo avevo spinto il mio dito medio più in fondo che potevo nel suo ventre. La scoprii tanto eccitata da essere completamente dilatata, e così calda e umida da richiamare dentro di se qualcosa di più sostanzioso di un semplice dito. Sul momento non avevo altro a disposizione, escluso il mio membro che non intendevo ancora mettere in gioco, quindi la penetrai con l’indice ed il medio uniti. Scivolai dentro di lei con la stessa facilità di prima strappandole un lungo gemito mentre si posizionava in modo da favorirmi.
Polarizzai la mia attenzione sul suo viso e sull’espressione concentrata che aveva; non era ancora piacere quello che provava ma da come serrava le palpebre e arricciava il naso capivo che lo stava cercando. Cercai nella memoria l’ultima volta che le avevo procurato un orgasmo solo con le mani ed i ricordi esplosero nella mia mente.

Mi ritrovai a rivivere i dettagli di quella festa di compleanno di un’amica: era metà Luglio e lei aveva organizzato il ricevimento nella sua casa fuori città, sulla collina dove il clima era più mite. I bagordi iniziarono nel tardo pomeriggio di una domenica caldissima, il caldo e l’euforia per le imminenti ferie ci spinsero, tutti senza alcuna distinzione, a dissetarci senza ritegno con il fresco vino bianco vivace che abbondava.
Claudia era stupenda quel giorno e, nonostante un abbigliamento del tutto sobrio, composto da una comoda gonna estiva lunga sino alle caviglie ed una camicetta chiara e semi trasparente, quando ballava al ritmo della gioiosa e sensuale musica sud americana, attirava gli sguardi compiaciuti di molti degli invitati.
Mi ero allontanato dal centro della festa per porgere, con un languido bacio sulle labbra, i miei personali auguri alla festeggiata e non mi accorsi del tempo che passava. Quando tornai in mezzo agli altri notai il modo di ballare di Claudia, oramai la conoscevo bene e sapevo che stava lanciando dei chiari messaggi, solo non capivo a chi!
Quando lei ritenne di aver ottenuto il suo scopo si avviò verso il tavolo delle libagioni per procurarsi un bicchiere di vino, quindi uscì nel giardino accendendosi una sigaretta. Notai come gli sguardi d’alcuni amici seguivano il suo percorso e le sue mosse, intuii qualcosa dei loro pensieri; in fondo non era difficile.
Senza più curarmi di loro raggiunsi la mia donna che si era appoggiata ad un basso muretto in mattoni prospiciente la casa. Mentre mi avvicinavo lei mi guardava come se non mi riconoscesse, aveva gli occhi fissi sul mio viso ma erano privi della solita luce.
Le feci i complimenti di rito e sottolineai com’era sensuale mentre ballava, tentai d’intavolare un discorso ma lei rispondeva a monosillabi mentre sfiorava con le labbra il bordo del bicchiere. Solo quando le appoggiai una mano in vita vidi i suoi occhi illuminarsi e subito mi offrì le labbra da baciare. Mise tutta se stessa in quel bacio, trasferì nelle labbra una passione tale da farmi subito eccitare. Le afferrai i glutei per stringerla a me, poi la sollevai per farla accomodare sul muretto. Lei aprì le gambe e mi attirò tra di esse senza mai staccare le labbra dalle mie. L’accarezzai sempre più spudoratamente, dalla schiena al seno per poi scendere sulle gambe. M’intrufolai sotto la gonna, ormai salita sopra il ginocchio, e puntai deciso verso il pube. Lei gemette quando sfiorai il delicato pizzo del tanga che indossava e tentò di aprirsi ancora di più. Ero così preso da lei da dimenticare che potevamo essere scorti da qualcuno degli invitati che fosse uscito per prendere un po’ d’aria, senza altri pensieri che lei, scostai il labile impedimento della biancheria e la penetrai subito con un dito. La trovai eccitata, marcia dei suoi stessi umori e calda come la sentivo in quel momento lì sul divano. Non impiegai molto a procurarle un orgasmo breve ma intenso, appagante sul momento ma stimolante per un ulteriore ricerca del piacere.
Solo al termine, quando il suo respiro tornò regolare parve accorgersi di me o meglio della mia identità. Non seppi mai se la sua apparente distrazione era un gioco nel gioco oppure reale, così come non mi confessò mai se l’obiettivo del suo modo di ballare ero io o chiunque fosse sensibile a sufficienza da cogliere il suo stato d’eccitazione. In quel momento era eccitata e desiderava godere, si era quindi data all’uomo che l’aveva seguita. Questo, almeno, voleva farmi intendere.

Tornai alla realtà grazie ad un sordo grugnito di piacere emesso dalle labbra della mia donna; involontariamente, stimolato dai ricordi, avevo preso a muovere le due dita dentro di lei in un modo troppo efficace. Rischiavo di farla venire subito in quel modo: Claudia E’ dolce, sensuale, tenera e disponibile appena dopo un orgasmo, ma quando ancora non ha raggiunto l’apice e lo desidera con tutta se stessa aggiunge a quelle qualità una dose d’animalità che la rende unica.
Allontanai la mano da lei strappandole un verso di disappunto mentre diventavo l’obiettivo della sua espressione feroce.

– Mi hai detto, pregato, di usarti! – le dissi – Allora lasciami giocare come meglio credo con il tuo corpo!

Lei non fiatò, chiuse gli occhi e si rilassò contro di me, percepii il suo corpo ammorbidirsi dopo le tensioni dovute al forte stimolo di prima. Avevo l’impressione che si stesse trasformando in morbida creta da plasmare secondo ogni mia fantasia. Era incredibile la sua capacità di metamorfosi; sapeva essere qualunque donna volesse interpretare, passava dalla spietata seduttrice che sceglie le sue vittime e le guida nel gioco alla femmina che dona tutta se stessa al proprio uomo, con tutte le sfumature intermedie. Ora era semplicemente un corpo, pareva che la sua volontà, o il forte carattere, che ben conoscevo non fossero mai esistiti. E’ sconcertante ma eccitante avere che fare con una donna così, sempre diversa eppure mai deludente.
Nel momento in cui abbandonò del tutto ogni volere divenne estremamente appetibile ai miei occhi, quel poco che riuscivo a vedere della sua pelle attirava le mie mani tanto che era impossibile resisterle. Soffermai, a lungo, lo sguardo sul pube dopo aver scostato la gonna in modo da esporlo alla piena luce. Mi piaceva la sua forma, esaltata dall’accurata depilazione e magnificata dal leggero strato lucido dei suoi umori. Avvicinai lentamente una mano per sfiorare con estrema delicatezza quelle labbra, sul palmo aperto sentivo il suo calore e sulle dita la superficie liscia della pelle che mi trasferiva una sensazione d’impalpabile innocenza mista ad un forte erotismo. Queste due sensazioni, apparentemente contrastanti, erano in magico equilibrio. Temevo che una pressione più intensa o l’appoggio della totale superficie della mano rompessero l’incanto; quindi rimasi lì, sospeso sul pube della mia compagna, indeciso e timoroso di intraprendere qualsiasi azione. Volevo godermi quell’istante sino in fondo e registrarlo, in ogni singola sfaccettatura, nella mente per poterlo richiamare in qualsiasi momento. Claudia, dal canto suo era, concentrata quanto me; pareva aver accantonato la voglia animale di prima per godersi queste dolci sensazioni. Non riuscivo ad immaginare cosa provasse lei, tentai di entrare nel suo corpo per rilevare il calore della mia mano sospesa a pochi millimetri dalla zona genitale, il delicato tocco del mio dito che seguiva, come in un orbita matematica, il disegno delle labbra del pube. Vinsi la mia reticenza e spostai lo sguardo sul suo viso, prestando molta attenzione a non variare il movimento della mano: Claudia aveva gli occhi chiusi e respirava regolarmente, solo il taglio della bocca testimoniava la sua tensione erotica. Quelle carezze le piacevano e l’eccitavano, potevo quasi sentire i suoi desideri prendere forma nella mia mente, percepivo la sua voglia di godere che lottava con il dolce languore da me generato.
Quando notai un veloce movimento oculare sotto le palpebre separai con il dito le labbra della vagina partendo dall’alto poi scesi verso il basso, strusciando sul clitoride la penetrai, per subito uscire e tornare verso l’alto ed ottenere il miracolo di un suo gemito di piacere.
Se volevo accontentarla e donarle il piacere di sentirsi oggetto tra le mie mani dovevo separare il piacere terreno e puramente fisico, spesso, dal piacere solare e puramente mentale, quello sottile, con molta attenzione. Il suo piacere doveva partire dal fisico per riempire la mente e da qui tornare verso il basso, verso il ventre, dove doveva esplodere.
Allargai la mano sul suo ventre e le dissi:

– Vieni con me!

Lei, senza emettere alcun suono e senza puntare gli occhi sui miei, si alzò per seguirmi.
La portai in camera dove le chiesi di spogliarsi del tutto. Non mi soffermai ad osservarla come al solito, mentre si levava i vestiti cercai nel cassetto in fondo all’armadio le strisce di tessuto ricavate da un vecchio lenzuolo. Queste improvvisate corde hanno il vantaggio di distribuire su di una superficie più ampia la stretta del nodo; Claudia ama giocare e farsi legare ma odia ogni minima forma di dolore. Quando mi voltai verso di lei la trovai completamente nuda, era immobile a pochi passi dal letto con le braccia lungo i fianchi; in attesa. Notai come osservava, con discrezione, le mie mosse, come mi avvicinai a lei con i lembi di tessuto in mano vidi il suo ventre fremere d’impazienza mentre gli occhi tornavano ad illuminarsi.
Afferrai un suo avambraccio per accompagnarla verso la poltroncina che, in genere, usiamo per riporre i vestiti. La feci accomodare poi iniziai a legare le braccia ai braccioli con una lunga fasciatura che le bloccava completamente, quindi m’inginocchiai e presi a legarle le caviglie alle gambe della poltrona. Mentre eseguivo queste operazioni ripensai a tutte le volte in cui l’avevo legata.
Terminato il lavoro sulle caviglie mi alzai per osservarla allontanandomi due passi. Lei ricambiò la mia occhiata carica di libidine con una piena d’aspettativa mascherata da un vago sentore di sottomissione. Sapevo che recitava ma era eccitante lo stesso. Per rimarcare il suo stato e per ridurre ulteriormente la sua mobilità presi ancora una striscia di tessuto e, dopo essermi portato alle sue spalle, la feci passare sotto il seno per legarla allo schienale della sedia: ora non poteva più muovere il busto ne scivolare, più di tanto, in avanti con il bacino per esporre il pube o angolarlo favorevolmente ad un eventuale penetrazione. Compiuta anche quest’opera, mi spogliai.
Prima di presentarmi a lei cercai, nel solito cassetto, un oggetto con cui iniziare il gioco, rimestai tra i vari orpelli di forma fallica che stavano lì dentro e scelsi un vero e proprio fallo sintetico di generose dimensioni. Quello che sapevo essere il suo preferito non tanto per dimensioni ma piuttosto per i ricordi ad esso legati, poiché lo possedeva da tempo immemore. Spesso avevo tentato di conoscerne da lei la storia per capire cosa la legasse in quel modo ad un semplice membro di gomma, invariabilmente lei dissimulava il suo interessamento ed evitava di rispondere. Solo in un’occasione si era lasciata sfuggire che quello era stato il suo primo amico, allora immaginai che avesse perso la verginità proprio grazie ad esso. Mi pareva giusto ricorrere al suo aiuto in quest’occasione in cui, Claudia, si rimetteva alla mia totale volontà per la prima volta. Se quello era l’oggetto iniziatico per eccellenza nella storia della mia compagna, tanto valeva continuare questa tradizione.
Afferrai saldamente il simulacro fallico e mi portai innanzi a lei. Avevo le braccia distese ed il fallo era quasi alla stessa altezza del mio, notai lo sguardo di Claudia posarsi sul mio membro per poi spostarsi su quello sintetico, indi ritornare al mio come per confrontarli. Era solo un impercettibile movimento oculare che non modificava l’espressione seria e soggiogata del suo viso, ma dalla luce dei suoi occhi intuivo il suo divertimento. In effetti, non ero ancora completamente eccitato, l’operazione di legatura aveva richiesto la mia totale attenzione nello stringerla senza farle male; il suo sguardo, però, mi disturbava e per certi aspetti m’irritava.

– Tiralo su!

Le ordinai, con voce grave, mentre le appoggiavo il membro sulle labbra ancora chiuse.
Lei obbedì, aprì lentamente la bocca e si lasciò penetrare. Con poche abilissime mosse mi eccitò al punto d’iniziare a farmi godere senza dare al sangue il tempo di riempire completamente il mio membro. Dovetti richiamare tutte le mie forze per resisterle. Sentivo il pene ingrossarsi tra le sue labbra grazie i continui stimoli della lingua sul glande, attesi sin quando mi parve d’essere arrivato al limite della mia resistenza indi mi allontanai bruscamente da lei.
Claudia aveva un’espressione soddisfatta e compiaciuta, direi anche lusingata, per l’effetto che sempre aveva su di me. M’inginocchiai tra le sue gambe e, con la mano, tastai il pube; intendevo verificare il suo stato d’eccitazione e, allo stesso tempo, stuzzicarla un po’. Mi ritrovai così nuovamente a giocare con le sue grandi labbra, ne seguivo il contorno dall’esterno per poi scivolare nell’interno per costeggiare il clitoride e l’ingresso al suo corpo. Con il dito arcuato tiravo leggermente il bordo divaricandole e mi divertivo ad osservare l’espressione di Claudia mentre sfioravo, senza stimolare, i punti più erogeni. Senza preavviso la penetrai, nuovamente, con un dito; la carne si aprì intorno al mio arto aderendo perfettamente alla sua forma mentre spingevo, poi, una volta all’interno, trovai il vuoto. Un impressionante vuoto dovuto alla sua forte dilatazione, solo il calore era indice del luogo che stavo esplorando. Piegai i dito per tastare le pareti interne, investigai sui dettagli della sua forma soffermandomi nei punti che la facevano gemere, nel frattempo ascoltavo il suono di risucchio prodotto da tali movimenti. Quando estrassi il dito rimasi come ipnotizzato nell’analizzare il muco che lo aveva ricoperto. Claudia mi guardava e respirava veloce, i suoi occhi erano spalancati e umidi, mi piaceva come si muovevano il bacino ed il ventre, come il pube si sollevava leggermente quando posavo gli occhi su di lui. Seguendo l’istinto lasciai cadere il fallo che ancora tenevo in mano e presi il mio, di vera carne, per guidarlo in lei. Appena lo appoggiai sulla vulva entrò come risucchiato, Claudia lasciò uscire dalle labbra un lungo sospiro di piacere e spinse ancora più in alto il pube. Iniziai a muovermi in preda ad un delirio estatico, entravo ed uscivo senza alcun controllo con gli occhi fissi sul nostro punto d’unione. Ben presto ravvisai i primi sintomi dell’orgasmo, l’istinto mi disse di controllare il piacere per attendere quello della mia compagna ma la ragione mi ricordò la sua richiesta di poco prima. Qual migliore modo di “usarla” che godere di lei senza darle il corrispettivo piacere?
Venni, urlando il mio piacere, dentro di lei dopo essermi spinto sino in fondo al suo ventre. Claudia chiuse gli occhi per assaporare le mie pulsioni e, forse, per mascherare il suo disappunto. Rimasi dentro di lei sin quando il membro iniziò a rilassarsi, lo lasciai lì godendomi quel calore così dolce.
Mi accasciai sui talloni esausto, sollevando il viso il mio sguardo collimava sulla vulva esposta e gocciolante del mio seme. Un rivolo di sperma usciva da lei, reso ancor più fluido dalla miscelazione con i suoi umori, colando dalle labbra lento e sensuale per scivolare verso il basso. Mentre l’osservavo afferrai il fallo plastico e lo avvicinai alla vagina. Claudia mi osservo interessata, aveva intuito le mie intenzioni ma voleva cogliere ogni mia mossa. Puntai il fallo sulle grandi labbra strofinandolo sullo sperma che usciva da loro, poi le divaricai con l’altra mano e preparai la via. Spinsi dolcemente il fallo in lei, penetrandola. Non mi fermai sin quando un lieve sussulto mi avvisò che ero giunto a limite massimo della sua attuale dilatazione, osservai l’oggetto per constatare che non ne era rimasto molto al di fuori del suo corpo, in poche occasioni ero riuscito ad infilarglielo tutto dentro: quelle volte in cui non eravamo soli a giocare.
Osservavo quel fallo entrare ed uscire da lei, guidato dalla mia mano, ricoperto dei suoi umori e dal mio seme, ogni volta che lo estraevo risucchiava il seme dall’utero richiamandolo verso l’esterno; se lo levavo del tutto lo sperma usciva copiosamente da lei. Sul momento, con la mente obnubilata dall’eccitazione, pensai che quello era un buon sistema per rimediare ad un’inseminazione involontaria. E’ incredibile ricordare i pensieri di quei momenti quando la razionalità lascia il posto ad un istintualità menomata dall’estro animale.
Il fallo si muoveva senza incontrare alcuna resistenza, riuscivo a spingerlo sempre più profondamente in lei ad ogni penetrazione. Lentamente Claudia si stava aprendo come nelle occasioni migliori ed il suo viso iniziava a dimostrare un piacere sempre più intenso. Rallentai le mie mosse per dare tempo al mio membro di riprendersi, già sentivo il turgore tornare in lui e con esso il desiderio di un nuovo orgasmo.

– Spingi! Spingi più a fondo … dai!

Claudia mi guardava con le pupille dilatate dall’eccitazione.

– Ma, a questo punto del gioco, non dovresti essere passiva, arrendevole, completamente in mia balia e, soprattutto, muta? – protestai.
– Sì… forse, ma spingi di più!

Lasciai il fallo piantato dentro il ventre della mia compagna, il più dentro possibile, mentre mi alzavo in piedi per avvicinare il membro alla sua bocca che avevo azzittito con la mano.

– Avanti, ingoia così stai zitta!

Lei annuì con gli occhi e aprì le labbra. Infilai il membro nella sua bocca avvicinandomi tanto d’appoggiare il ginocchio sul fallo sintetico che avevo lasciato nella sua vagina. Claudia gemette quando spinsi sia il mio membro che il fallo in lei, poi succhiò con forza. Il piacere che provava era trasferito a me dalle sue labbra, in un circolo infinito, come un serpente che si morde la coda. L’avevo eccitata molto ed ora ne godevo i frutti. Era meravigliosa, mi avvicinai ancora di più alle sue labbra per spingerle il membro in gola, così facendo mi appoggiai al fallo che stava sotto e lo conficcai quasi del tutto in lei. Sul momento non mi resi conto dell’origine dei suoi gemiti, poi abbassai lo sguardo e ne compresi il motivo. Fu in quel momento che iniziai a venire.
Come il mio seme invase la sua gola anche Claudia raggiunse l’orgasmo. Un suono lascivo uscì dalle sue labbra mentre reclinava la testa completamente all’indietro e gemeva con la bocca aperta. Non avevo ancora terminato di eiaculare e buona parte dello sperma le finì sul seno, ma quello che mi colpì maggiormente fu l’osservare nella sua bocca aperta e ansimante le tracce del mio seme, sulla lingua o sulle tonsille gorgogliava spinto dall’aria che espirava. Non aveva fatto in tempo a trangugiare e il frutto del mio piacere restava lì a dimostrare quanto fosse incredibile la mia donna.
Mi accasciai nuovamente innanzi a lei, come prima osservai la sua zona pubica soffermandomi sul contorno della vagina intorno al fallo. Con la mente che lavorava ad un quarto o meno delle sue possibilità, afferrai l’oggetto e lo estrassi lentamente, mi piaceva studiare le labbra che si aprivano intorno a lui, fuoriuscendo per seguirlo. Claudia stava ancora respirando veloce ed irregolare, immaginai che dovesse dolerle il ventre con quell’oggetto rigido piantato dentro; infatti, quando lo cavai completamente vidi il pube scendere verso il basso ed i muscoli delle gambe rilassarsi. Le labbra della vagina si richiusero a fatica dopo essersi adattate a lungo intorno a quella forma, ora il seme che prima le avevo eiaculato dentro non usciva più.
Restai seduto in terra innanzi a lei con il fallo sintetico in mano lucido dei suoi umori. Il languore conseguente all’orgasmo ci impedì di parlare o fare altro che osservarci. Claudia aveva il volto stravolto dal piacere e si guardava il seno macchiato dal mio sperma, restava con gli occhi fissi sulle gocce e le osservava colare lentamente, io annusavo il profumo dei suoi umori che coprivano il fallo. Assaporavo il suo odore e guardavo la sua vulva, d’improvviso mi ritrovai a pensare a quanti di quegli oggetti o a quanti membri di carne avessero superato la barriera delle sue grandi labbra. Non potevo saperlo, io stesso ne avevo visti alcuni entrare in lei, e tutto sommato non mi interessava. Però era eccitante il tentativo di valutare quanti avevano avuto il piacere di entrare nel suo caldo ventre o … nelle sue viscere.
Non so se Claudia avesse intuito i miei pensieri, forse era conscia solo di cosa stessero osservando i miei occhi, sta di fatto che sollevò il pube ed iniziò a muoverlo lentamente come se avesse realmente un uomo dentro. La vedevo seguire un immaginario amplesso e questo guidò la mia fantasia. Mi ritrovai nuovamente immerso nei ricordi, lo stato di languore non era ancora passato e quindi mi lasciai trasportare dalla mente. Rivissi le occasioni più eccitanti, quelle in cui Claudia aveva dato il massimo di se, non solo nella meccanica dell’amplesso multiplo, ma nell’interpretazione della sua parte, quelle situazioni in cui riusciva a calarsi completamente nel personaggio di una donna senza alcuna inibizione e capace di godere sino in fondo delle attenzioni di più uomini. In quelle circostanze non era cosa faceva a renderla unica ma come lo faceva.
Attratto dai suoi movimenti scivolai verso di lei, in mano stringevo sempre il duro membro artificiale ancora umido di lei, mi sistemai comodo con le gambe distese sotto la sedia ed il viso a pochi centimetri dal pube. Rimasi ancora immobile ad osservare le sue lente evoluzioni ed a respirare il profumo di sesso che emanava. Mi piaceva e m’inebriava. In preda ai miei pensieri appoggiai nuovamente il fallo plastico al pupe, non lo spinsi subito in lei ma lo tenni a lungo appoggiato sulle labbra. Claudia era conscia della sua presenza e tentava con ambigua dolcezza di farselo scivolare dentro; mi incuriosiva questo suo sforzo. Non era mia intenzione ripetermi, non volevo penetrarla con quell’oggetto, in quella posizione, come poco prima: mi alzai in piedi allontanandomi da lei.
La osservai per imprimere nella mente quell’immagine di lei legata alla sedia, della sua pelle ricoperta da un sottile velo di sudore, dei lunghi capelli arruffati e di quella espressione che aveva sul viso. Lei resto in posa, immobile per lasciarsi osservare, le piaceva sentire i miei occhi addosso e faceva di tutto per apparirmi sempre più sensuale e desiderabile. Soddisfatto mi diressi alle sue spalle e la slegai. Sciolsi per primo il drappo che vincolava il busto allo schienale poi slacciai quelli delle mani; come fu libera di muoverle, Claudia, le portò verso il pube massaggiandosi sensualmente il ventre e la vulva. Mi soffermai ad osservarla alle sue spalle, lei si toccava con un’intensità tale da risultare eccessivamente eccitante considerato il numero d’orgasmi già goduti. Sentii nascere una nuova voglia in me, ma intendevo sfogarla in una diversa posizione.
Mi chinai a liberarle le caviglie senza mai staccare gli occhi dalle sue mani, poi le offrii un aiuto per alzarsi che le accettò. Presi, allora, un suo polso e la sollevai violentemente in piedi, tanto che dovette appoggiarsi a me per mantenere l’equilibrio. La bloccai trattenendola per le spalle, quindi la girai verso il letto spingendola in quella direzione, giunti sul bordo le dissi a mo’ d’ordine:

– Inginocchiati!

Claudia volse il viso verso di me poi obbedì, s’inginocchiò in terra sul bordo del letto e reclinò spontaneamente il busto sul materasso. Senza alcun bisogno di spiegazioni aveva perfettamente inteso la mia nuova voglia.
Mi posi dietro di lei e le divaricai le gambe prima di prenderla per i fianchi e sollevarle il sedere. La posizionai in modo da allineare il pube al mio membro ma non la presi subito. Improvvisamente nacque in me un nuovo desiderio: divaricai le natiche per solleticarle l’ano, come lo sfiorai Claudia iniziò a spingere in modo da aprirsi. Provai ad infilarci un dito per valutare quanto era pronta e se dovessi sporgermi verso il comodino per cercare il gel lubrificante; il dito entrò senza problemi quasi risucchiato dalle sue viscere. Per gioco appoggiai il fallo all’ano, quello che prima le avevo spinto quasi a fatica nel ventre, strappandole un gemito stupito e preoccupato. Claudia, comunque, non tentò di fermarmi, era sempre coerente al suo proposito iniziale, se volevo usarla in quel modo ero libero di farlo e questo mi eccitava ancor di più. La stuzzicai con quell’oggetto senza mai spingerlo contro di lei, sfioravo solo le natiche e l’ano per stimolarla. Claudia restava disponibile e tentava di aprirsi sempre di più, iniziai a pensare che l’idea di ritrovarsi nelle viscere quel fallo enorme non la turbasse poi più di tanto. Non volevo rischiare di farle del male, non tanto a causa delle dimensioni dell’oggetto ma piuttosto per la sua rigidità: un membro di carne, per quanto turgido nella sua erezione, si adatta alla curvatura interna del corpo che penetra, quello di plastica no!
Spostai, allora, il fallo verso il basso, appoggiandolo alla vulva che avevo già dilatata con l’altra mano, lo ruotai in modo che la sua curvatura apparisse quella naturale di un uomo posto tra le sue gambe, quindi lo spinsi nuovamente in lei. Lo inserii per circa metà della sua lunghezza poi afferrai una mano di Claudia e la portai verso l’oggetto.

– Muovilo tu! – le dissi.

Lei fece passare il braccio sotto il bacino e scivolò verso il pube con la mano, quindi prese il fallo e, lentamente, iniziò a muoverlo. Non la sentivo gemere o ansimare ma capivo da come muoveva la testa che quella cosa le piaceva. A questo punto tornai a dedicarmi alle sue natiche: le aprii e appoggiai il membro all’ano. Fu in quel momento che Claudia si lasciò sfuggire un gemito.
La penetrai analmente senza problemi se non quelli di regolare al meglio la direzione dei miei movimenti. Con il fallo nel ventre Claudia non poteva spostare più di tanto il bacino, quindi il sedere rimaneva fisso con un’angolazione che mi costringeva a sollevarmi per entrare in lei senza farle male. Era più facile prenderla in quel modo quando lei era sopra di un altro uomo il quale poteva adattarsi ai suoi movimenti.
Entrai in lei con dolcezza, spinsi sin quando mi parve di percepire un suo singulto, un segnale che mi diceva di non spingere oltre. Restai immobile per darle il tempo di adattarsi poi presi a muovermi lentamente. Avvertivo chiaramente la presenza del fallo nel suo ventre mentre scivolavo in lei, una presenza dura e rigida che se da una parte limitava i movimenti di Claudia dall’altra ne acuiva il piacere. Poco alla volta il suo ano andava aprendosi sempre di più, quando ormai non le procuravo più dolore ma solo piacere mi spinsi totalmente in lei. Claudia sollevò, all’unisono della mia spinta, il viso al cielo e urlò.

– Muovilo! – le ordinai.

Rimasi piantato in lei ascoltando il fallo mosso dalle sue mani che entrava ed usciva, che scorreva sulle pareti della vagina e contro il mio membro. Claudia pareva schiava del piacere che lei stessa si donava, muoveva con sempre maggiore intensità quell’oggetto, penetrandosi sempre più a fondo.
Volevo restare immobile sino al suo orgasmo per poi tornare a muovermi solo quando l’avessi sentita venire, ma non vi riuscii. Il suo corpo mi chiedeva di agire con i suoi movimenti e non potevo restare indifferente. Seguii il ritmo della sua mano, entravo in lei all’unisono del fallo. Furono necessari poche di queste mosse per strapparle l’urlo definitivo.
Claudia inarcò la schiena bloccandomi dentro di lei e urlò tanto forte da sconvolgermi. Fremeva, ansimava e tentava di spingersi completamente contro di me. Ebbe un orgasmo lunghissimo ed intenso e furono proprio le sue contrazioni a generare il mio. Eiaculai tutto quel poco che mi rimaneva nelle sue viscere mentre la stringevo per le anche.
Quando scivolai via, lei si accasciò sul materasso restando supina ed immobile, non so quando aveva lasciato cadere il fallo in terra. Dolcemente la sollevai per farla adagiare distesa sul letto, poi presi il fallo e con lui mi recai nel bagno, lo lavai con cura prima del mio stesso membro. Quando tornai in camera Claudia pareva assopita, le appoggiai il fallo vicino al viso, sul cuscino poi la coprii alla meglio.
Mi rivestii con calma recuperando i vestiti la dove la passione me li aveva fatti lanciare, cercai le pezze usate per legarla e le sistemai nel cassetto, la sedia a cui l’avevo legata era al suo posto. Controllai di non lasciare altre tracce poi uscii dalla camera chiudendo bene la porta. Raggiunsi la sala e misi un disco nel lettore, scelsi un genere a me molto caro: il blues. Mi lasciai trasportare dalla musica e dai pensieri, dal languore e dai residui d’eccitazione. Non sapevo spiegarmi il motivo che m’aveva indotto a cancellare ogni traccia del nostro recente gioco, il gesto di riordinare la camera stava, forse, ad indicare il mio disagio nell’esaudire la richiesta di Claudia?
In effetti, non mi piaceva il termine: “Usare”. Non avevo mai usato nessuno, per lo meno non consapevolmente ed è una cosa che odio con tutta la mia essenza. Sapevo che, in realtà, era stato un gioco voluto espressamente da lei, ma solo il termine mi dava fastidio.
Per questo le avevo lasciato il fallo sul cuscino, il messaggio di quel gesto era: ” Se vuoi essere usata, usa questo oggetto e fatti usare da lui mentre tu usi lui”.

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